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oltre l'arte n. 5
maggio - luglio 2002

Beni Culturali - Mostre
Beni Culturali - Mostre
Sommario






IL MAESTRO DI SAIDU SHARIF
Alle origini dell'arte del Gandhara
Dal 9 aprile al 30 giugno 2002

Roma
Museo Nazionale D'arte Orientale
Via Merulana 248


Orario:
lunedì
(primo e terzo del mese chiuso)
mercoledì, venerdì e sabato
8,30-14
martedì, giovedì e domenica
8,30-19

lunedì chiuso

Ingresso:
Intero 4 euro
Riduzioni 2 euro

Informazioni:
Tel. 06/4874415



Catalogo:







IL VIAGGIO NELL'ARTE DI GANDHARA

Tranne i soliti pochi ben informati chiunque si meraviglierebbe nel sapere che nell'Afghanistan e nel Nord Pakistan sono state trovate moltissime monete greche, e non frutto di commercio o bottino di razzie, ma coniate sul posto, e da re greci.
L'intera zona è nota dalle fonti sia indiane che greco-romane come Gandhara e fu sede di una civiltà che dal III secolo a.C. durò fini al VI/VII d.C. sparendo completamente sotto l'urto dell'invasione mussulmana. In origine costituì una remota satrapia dell'impero Persiano e fu conquistata da Alessandro Magno che vi lasciò delle guarnigioni che costituirono con il tempo, come nella confinante Battriana nel bacino dell'Oxus, delle dinastie locali con re greci che batterono moneta e organizzarono i loro stati sul modello della madrepatria. Si sviluppò una civiltà della greco-buddhistica che realizzò un eccezionale incontro tra il buddismo e l'arte classica. Con il tempo l'elemento greco, non più rinsanguato, si diluì molto nel mare degli indigeni ma l'impronta sopravvisse per secoli anche sotto la dinastia Mayura della quale molto noto è Asoka che dette un grande impulso alla propagazione del buddismo. Kushana, Saka, Unni ed altre popolazioni nomadi si alternarono nella zona fino alla definitiva invasione islamica che spazzò via tutte le altre religioni fino alla recentissima distruzione dei due grandi Buddha scolpiti nella roccia. Per far conoscere alcuni aspetti dell'arte del Gandhara, presso il Museo Orientale, a Palazzo Brancaccio, è stata organizzata una mostra dal titolo vagamente salgariano " Il maestro di Saidu Sharif" che, come pezzo forte, espone il fregio di uno stupa rinvenuto da una missione archeologica italiana nel Pakistan settentrionale. Bisogna ora chiarire cosa sia uno stupa, edificio cardine della cultura buddhista; non è un tempio ma una struttura piena che comprende vari elementi architettonici per costituire una sorta di "montagna cosmica". Vi si trovano usati gli ordini greci ionico e corinzio e capitelli in uso nell'impero sassanide con effetti sorprendenti e inusuali. Le materie prime usate sono pietra, stucco, argilla, gesso e di ispirazione classica sono il prevalere della figura umana, il panneggio che l'avvolge e ne segna il movimento, il tema iconografico del Buddha apollineo, creazione dell'arte del Gandhara. Del resto le prime rappresentazioni del Buddha in forma umana appaiono proprio nella regione e certamente non è estranea l'influenza degli dei antropomorfi del mondo greco-romano. Il fregio esposto proviene da un sito archeologico costituito da terrazze, sulla superiore sono stati trovati i resti di un monastero, sull'inferiore uno stupa principale con numerosi monumentini allineati intorno; l'epoca di costruzione può essere valutata intorno al I secolo d.C. Lo stupa è un quadrilatero di 21x20mt. di cui è rimasto il basamento in blocchi di talco ed il fregio in scisto verde sovrastato da una specie di balaustra. Il fregio che si svolgeva in senso orario era costituito da una serie di oltre sessanta pannelli illustranti le scene della vita del Buddha segnando uno dei momenti più alti dell'arte gandharica.
A far contorno al fregio numerosi altri reperti, alcuni di chiara derivazione classica, altri con prevalenza di elementi di origine indiana; stupefacenti alcuni piattelli per cosmetici di aspetto mediterraneo e soprattutto le serie di monete con i busti dei dinasti e scritte greche che mantengono per secoli i loro caratteri, perdendoli poi molto lentamente.
Anche se non esaustiva del fenomeno dell'arte gandharica la mostra è molto interessante per far conoscere questa sconosciuta civiltà sincretistica e singolare.

Roberto Filippi