IL
MAESTRO DI SAIDU SHARIF
Alle origini dell'arte del Gandhara
Dal 9 aprile al 30
giugno 2002
Roma
Museo Nazionale D'arte Orientale
Via Merulana 248
Orario:
lunedì
(primo e terzo del mese chiuso)
mercoledì, venerdì e sabato
8,30-14
martedì, giovedì e domenica
8,30-19
lunedì chiuso
Ingresso:
Intero 4 euro
Riduzioni 2 euro
Informazioni:
Tel. 06/4874415
Catalogo:
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IL
VIAGGIO NELL'ARTE DI GANDHARA
Tranne i soliti pochi ben informati chiunque si
meraviglierebbe nel sapere che nell'Afghanistan e nel
Nord Pakistan sono state trovate moltissime monete
greche, e non frutto di commercio o bottino di razzie, ma
coniate sul posto, e da re greci.
L'intera zona è nota dalle fonti sia indiane che
greco-romane come Gandhara e fu sede di una civiltà che
dal III secolo a.C. durò fini al VI/VII d.C. sparendo
completamente sotto l'urto dell'invasione mussulmana. In
origine costituì una remota satrapia dell'impero
Persiano e fu conquistata da Alessandro Magno che vi
lasciò delle guarnigioni che costituirono con il tempo,
come nella confinante Battriana nel bacino dell'Oxus,
delle dinastie locali con re greci che batterono moneta e
organizzarono i loro stati sul modello della madrepatria.
Si sviluppò una civiltà della greco-buddhistica che
realizzò un eccezionale incontro tra il buddismo e
l'arte classica. Con il tempo l'elemento greco, non più
rinsanguato, si diluì molto nel mare degli indigeni ma
l'impronta sopravvisse per secoli anche sotto la dinastia
Mayura della quale molto noto è Asoka che dette un
grande impulso alla propagazione del buddismo. Kushana,
Saka, Unni ed altre popolazioni nomadi si alternarono
nella zona fino alla definitiva invasione islamica che
spazzò via tutte le altre religioni fino alla
recentissima distruzione dei due grandi Buddha scolpiti
nella roccia. Per far conoscere alcuni aspetti dell'arte
del Gandhara, presso il Museo Orientale, a Palazzo
Brancaccio, è stata organizzata una mostra dal titolo
vagamente salgariano " Il maestro di Saidu
Sharif" che, come pezzo forte, espone il fregio di
uno stupa rinvenuto da una missione archeologica italiana
nel Pakistan settentrionale. Bisogna ora chiarire cosa
sia uno stupa, edificio cardine della cultura buddhista;
non è un tempio ma una struttura piena che comprende
vari elementi architettonici per costituire una sorta di
"montagna cosmica". Vi si trovano usati gli
ordini greci ionico e corinzio e capitelli in uso
nell'impero sassanide con effetti sorprendenti e
inusuali. Le materie prime usate sono pietra, stucco,
argilla, gesso e di ispirazione classica sono il
prevalere della figura umana, il panneggio che l'avvolge
e ne segna il movimento, il tema iconografico del Buddha
apollineo, creazione dell'arte del Gandhara. Del resto le
prime rappresentazioni del Buddha in forma umana appaiono
proprio nella regione e certamente non è estranea
l'influenza degli dei antropomorfi del mondo
greco-romano. Il fregio esposto proviene da un sito
archeologico costituito da terrazze, sulla superiore sono
stati trovati i resti di un monastero, sull'inferiore uno
stupa principale con numerosi monumentini allineati
intorno; l'epoca di costruzione può essere valutata
intorno al I secolo d.C. Lo stupa è un quadrilatero di
21x20mt. di cui è rimasto il basamento in blocchi di
talco ed il fregio in scisto verde sovrastato da una
specie di balaustra. Il fregio che si svolgeva in senso
orario era costituito da una serie di oltre sessanta
pannelli illustranti le scene della vita del Buddha
segnando uno dei momenti più alti dell'arte gandharica.
A far contorno al fregio numerosi altri reperti, alcuni
di chiara derivazione classica, altri con prevalenza di
elementi di origine indiana; stupefacenti alcuni
piattelli per cosmetici di aspetto mediterraneo e
soprattutto le serie di monete con i busti dei dinasti e
scritte greche che mantengono per secoli i loro
caratteri, perdendoli poi molto lentamente.
Anche se non esaustiva del fenomeno dell'arte gandharica
la mostra è molto interessante per far conoscere questa
sconosciuta civiltà sincretistica e singolare.
Roberto
Filippi
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